domenica 1 agosto 2010

Il talento di Francesco Cafiso




Adesso che gli anni della prodigiosa gioventù sono serviti a consolidare un talento “naturalmente” straordinario, è bene cominciare a fare i conti con un artista che ha capacità tecniche fuori dal comune e doti compositive che lasciano prevedere un cammino di grandi speranze. “Ora è un maestro fatto e finito” ha scritto Gian Mario Maletto sul numero di gennaio di Musica Jazz. Francesco Cafiso: la promessa è stata mantenuta. Merito di un percorso fin qui lineare fatto di studio, approfondimento e tanta dedizione. L’altosassofonista ventenne di Vittoria è un esempio incoraggiante di “genio e regolatezza”. Un artista spinto dal proprio talento a crescere e a farsi notare in fretta per essere ricordato a lungo.
“La direzione artistica che ho preso da un po’ di tempo – spiega Cafiso - è molto particolare. Sono un musicista che ha immagazzinato la tradizione. Credo che un grande musicista non possa scindere la tradizione dal proprio background musicale. Un bravo musicista prima di fare della musica contemporanea deve conoscere la tradizione. E’ fondamentale: non puoi fare free-jazz se non conosci Louis Armstrong. Partendo da questo presupposto, ultimamente sto cercando di costruire dei progetti musicali che diano l’idea della direzione che ho preso. Eseguiamo mie composizioni originali che sono jazz ma anche contaminate dal pop e dal free. Cerchiamo insieme di far emergere il suono del gruppo, questo vale per l’ Island Blue Quartet e per l’ Italian Jazz Quartet. Non c’è un vero e proprio leader nella mia musica, è essenziale dialogare affinché si possano creare suono particolari. La musica è scritta perché questa impressione appaia in maniera nitida”.
Appare evidente come l’altoista siciliano sia alla ricerca di un proprio linguaggio,
di un suono e una coloritura che siano riconoscibili e originali. John Coltrane parlando del jazz e delle novità che riserva la continua ricerca affermava con grande convinzione: “Non c’è mai fine. Ci sono sempre suoni nuovi da immaginare, sentimenti nuovi da suscitare. E sempre c’è la necessità di continuare a purificare quei sentimenti e quei suoni”. Cafiso ha fatto suo uno degli insegnamenti cardine degli innovatori della musica afroamericana – il citato Coltrane e poi l’immenso Miles Davis – secondo il quale nel jazz si insegna e si impara a vicenda in un continuo gioco di rimando. E’ per questo che Cafiso tiene moltissimo ai suoi progetti in campo: quelli ai quali sta già lavorando e quelli che ha già in mente e dei quali vuol parlare solo a cose fatte. C’è l’Island Blue Quartet, il quartetto siciliano con Giovanni Mazzarino ( piano ), Nello Toscano ( contrabbasso ) e Dino Rubino
( tromba ) l’Italian Jazz Quartet, con Stefano Bagnoli ( batteria ) Paolino Dalla Porta
( contrabbasso ) e Dino Rubino ( piano ) e il duo con Dino Rubino. Quest’ultimo, considerato da Enrico Rava un talento di cui si sentirà parlare nei prossimi anni, entrerà a far parte anche di un quintetto americano al quale Cafiso vuole dedicare una parte significativa del proprio percorso di crescita.
“Non disdegno affatto una incursione in musiche diverse dal jazz – osserva Francesco Cafiso - sono convinto che un musicista debba suonare più cose per fare esperienze diverse e approfondire tutti i generi musicali. Parto dal presupposto che a me piace tutta la musica, non solo il jazz. Basta sia fatta bene e con lo spirito giusto”.
Sono trascorsi quasi 8 anni dalla serata evento al “Pescara Jazz Festival” che consacrò Cafiso come un giovane talento del jazz italiano. Davanti agli occhi e alle orecchie del maestro Wynton Marsalis, il sassofonista di Vittoria - in duo con il pianista Franco D’Andrea - diede vita ad una esibizione memorabile. Un anno dopo, sotto l’ala protettrice di Marsalis, Cafiso intraprende un tour europeo che lo farà conoscere al grande pubblico. In tanti lo indicano come l’ ‘enfant prodige’ del jazz’ internazionale.
“Non credo molto nel concetto di ‘enfant prodige’ – chiarisce il giovane musicista - non mi sono mai ritenuto un ‘enfant prodige’. Svolgendo un’attività da professionista ho sempre voluto che la gente mi criticasse e mi stimasse per quello che faccio, piuttosto che giudicare il bambino prodigio e basta. Personalmente mi sono solo concentrato sulla musica senza pensare ad altro. L’aspetto legato al successo è venuto dopo e non mi ha mai influenzato. Per fortuna ho avuto accanto la mia famiglia nella quale certi valori sono importanti. Mio padre mi è stato accanto in una età particolare, quando il successo è arrivato avevo 12 anni e non avrei saputo gestirlo. Sono stato protetto abbastanza e sono stato bravo a conciliare la vita del musicista con quella di un ragazzo della mia età. Crescendo sto notando però dei cambiamenti soprattutto dal punto di vista musicale. Guardando il mio passato di musicista mi ritrovo delle cose che adesso non mi piacciono quanto mi piacevano prima. Ho rivisto, per esempio, un video su YouTube di quando avevo 14 anni. A quell’età i miei gusti tendevano più alla tradizione, al ‘be bop’. Suonavo in un determinato modo. Ora sono cambiato totalmente, non mi riconosco più in quel musicista anche se, è ovvio, non rinnego quello che ho fatto. Cambiano i gusti e anche il modo di vedere e vivere la musica. Adesso che ho 20 anni voglio essere giudicato per quello che faccio e non per quello che sono stato”.
A Cafiso piace la definizione classica di improvvisazione come ‘composizione dell’istante’.
“L’improvvisazione – afferma Cafiso - è la prerogativa principale del jazz e quindi non potrei scindere il concetto stesso di jazz dall’improvvisazione. Per me è tutto. Con l’improvvisazione comunico alla gente, trasmetto delle sensazioni, delle emozioni, degli stati d’animo. Mi servo dell’improvvisazione per cercare di creare la bella musica”.
L’essenza del jazz, esplicitata nel suo momento di maggiore creatività che è, appunto, l’improvvisazione deve anche fare i conti con la scoperta, l’indicazione di vie nuove da battere perché la proposizione non diventi riproposizione o addirittura “musica morta”. In una intervista di qualche anno fa, Wynton Marsalis ( rieccolo ) a proposito di una certa tendenza conservatrice che gli viene rimproverata ( ‘passatista’ è la definizione critica utilizzata nei suoi confronti ) sottolineava che a volte “ci si arrampica sull’albero per trovare che non c’è nulla in alto”.
“Il jazz, così come la musica in generale, - conclude Cafiso - vive un momento particolare. Ci sono gruppi che vengono spacciati per innovatori: non ci credo molto. In realtà Miles Davis ha fatto tutto anni fa. In generale qualsiasi progetto è stato fatto. Adesso le cose che più colpiscono sono la classe e la raffinatezza di un musicista. Certe cose, poi, vengono con l’esperienza e con il tempo. Spero di riuscire a diventare uno che possa dire qualcosa di suo con la propria musica. E’ il mio sogno”.

Nicola Savoca
Stilos, luglio 2010

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